La Cattedrale di Santa Maria Assunta e Santa Giustina è il principale luogo di culto cattolico di Piacenza, chiesa madre della diocesi di Piacenza-Bobbio. Ha la dignità di basilica minore
LA PRIMA CATTEDRALE
La prima cattedrale fu la basilica maggiore del complesso episcopale paleocristiano: doveva essere un edificio di modeste dimensioni a tre navate con un’abside al termine della navata centrale.
Durante la prima guerra greco-gotica anche l’antica Cattedrale fu distrutta; nel 546 infatti la città fu rasa al suolo da Totila, re dei goti.
In epoca longobarda assunse grande importanza la basilica di S. Antonino legata al culto del corpo del martire a cui quelle popolazioni davano grande risalto. La successiva Cattedrale di cui conosciamo l’esistenza è quella dedicata a Santa Giustina, che a partire dal IX secolo diviene compatrona della città: edificata in tarda epoca carolingia si trovava presumibilmente nella zona dell’attuale Cripta in cui furono reimpiegate alcune colonne dell’antico tempio. A fianco della chiesa di Santa Giustina si trovava una basilica con altre funzioni cultuali, detta poi di San Giovanni “de Domo” e distrutta per edificare la grande piazza Duomo in epoca rinascimentale.
Nel 1117 l’edificio dedicato a Santa Giustina fu danneggiato da un terremoto: cinque anni dopo iniziò la costruzione della nuova maestosa Cattedrale. La grande basilica costruita su due livelli, venne allora dedicata nella parte inferiore a Santa Giustina e in quella superiore alla B.V.Maria, successivamente con il titolo di Assunta. Anche sulla data della consacrazione della nuova basilica esistono ipotesi divergenti: possiamo ricordare che la liturgia ricorda la dedicazione della Cattedrale il 14 Ottobre di ogni anno, in tutto il territorio diocesano.
LA NUOVA GRANDE CHIESA
L’attuale Duomo di Piacenza fu edificato nell’epoca delle grandi fabbriche medievali, quando secondo la nota descrizione di Rodolfo il Glabro in Europa si propagò un “bianco mantello di cattedrali”.
A questi decenni risale la costruzione delle cattedrali di Parma, Modena, della basilica di S. Michele a Pavia, massimi esempi insieme alla basilica Cattedrale di Piacenza dello stile romanico padano.
La facciata a capanna monocuspidale precede il corpo della basilica che si sviluppa su una pianta a croce latina; la pianta a croce latina, ovvero con un braccio più lungo rispetto all’altro, si estende su una aula a tre navate intersecate, caso unico in Italia, da un grande transetto anch’esso tripartito.
Dal 1122 al 1160 si innalzarono la cripta, il santuario, il transetto, le navate minori e i relativi portali.
All’incrocio dell’aula e del transetto si trova l’ottagono sormontato dalla cupola e dal tiburio, costruito ad opera di Rainaldo Santo da Sambuceto nella seconda metà del Duecento, in cui trova il suo culmine la splendida fuga delle colonne e dei pilastri interni, che risalta in particolare nei giorni in cui risplende il sole. Chiudono le tre navate dell’aula le tre absidi, la centrale molto ampia rispetto alle laterali; anche le navate centrali dei transetti si concludono con la forma semicircolare dell’abside.
Il materiale costruttivo dell’epoca è abbastanza uniforme nell’area padana, ed è costituito principalmente da pietra arenaria di provenienza collinare, di marmi provenienti dalle cave venete o apuane e dall’ampio utilizzo del laterizio a vista. Tutti i corpi laterali della Cattedrale sono rivestiti in pietra arenaria, mentre la facciata è nella parte inferiore in marmo rosa di Verona.
Principali caratteristiche che si attribuiscono allo stile romanico sono l’uso dell’arco a pieno centro che origina la successione delle grandi arcate e la costruzione delle trifore. Sono esempio notevole di questa costruzione basata sull’arco a tutto sesto le volte a crociera delle navate minori del Duomo, mentre quelle della navata centrale si fondano sull’arco a sesto acuto(le linee architettoniche subiscono quindi l’influenza dello stile gotico).
All’interno come all’esterno il gioco dei volumi imponenti è ritmato e animato dalle lesene, dalle loggette, dalle arcatelle e dalle sculture stesse che assommano al loro valore decorativo un ruolo di sottolineatura e scansione delle strutture.
IL CAMPANILE E LA CAPPELLA
Solo nel 1333 viene terminata la costruzione del campanile in laterizio che dal 6 Luglio 1341 è sormontato dall’Angil dal Dom, scultura in rame dorato. Nello stesso XIV secolo è stata costruita anche la cappella delle SS. Orsola e Caterina, in mattone a vista, e sovrastata da alcuni pinnacoli di gusto gotico, fra l’abside e il portale di via Guastafredda: è oggi detta del battistero, perchè qui nel 1544 fu portata l’antica vasca battesimale.
Nella parte superiore di questa cappella, chiudendo un rosone, è stato disposto nel XVII secolo l’Archivio capitolare.
Al Duomo si diede anche un ruolo legato all’amministrazione della giustizia cittadina quando sul campanile si collocò la gabbia di ferro battuto che doveva servire per rinchiudere criminali colpevoli di gravi misfatti. A volerla fu Ludovico il Moro nel 1495, quand’era duca di Milano e signore di Piacenza.
L’attuale piazza Duomo e la sua forma risalgono al 1544 quando si tennero i lavori per ordine del legato pontificio Card. Grimani, inviato da Papa Paolo III Farnese: in questa epoca rinascimentale la città veniva fortemente modificata per volontà dei nuovi governanti del ducato di Parma e Piacenza.
Altro grande corpo successivo alla costruzione della basilica è quello delle sagrestie che risale alla metà dell’800 ed è visibile dai Chiostri del Duomo: la struttura su due livelli ingloba anche precedenti edificazioni di servizio.
La parte superiore ottogonale presenta una tipica struttura neo-gotica, che sfrutta intensamente il gioco della luce filtrante dalle finestre. Il vescovo Beato Giovanni Battista Scalabrini promosse una notevole campagna di interventi dal 1897 al 1902 in cui furono consolidate diverse strutture architettoniche, riaperte finestre, rimosse le pietre consunte ed eliminati elementi della facciata successivamente aggiunti, come il quadrante dell’orologio.
LA FACCIATA
La facciata è a capanna monocuspidale ed è suddivisa verticalmente da due semicolonne che anticipano la divisione della struttura all’interno. Il materiale impiegato per la costruzione è differente: il marmo rosa di Verona per la parte inferiore e la pietra arenaria delle cave piacentine per quella superiore. Sovrastano i due portali minori due gallerie con nove colonnine ciascuna; sopra il portale centrale entro una cornice strombata si trova invece il rosone composto di 24 colonnine.
Al termine della facciata si apre una galleria di 32 colonnine, aggiunte agli inizi del ‘500. Sulla sommità svetta una croce in marmo bianco che ricorda il Giubileo del 1900.
Il sagrato che porta agli ingressi della basilica è stato più volte rimaneggiato ed ha assunto la forma attuale alla metà dell’800. Il campanile in laterizio, terminato un secolo dopo la facciata, è sormontato dall’Angil del Dom, opera in rame dorato dell’artigiano Pietro Vago. L’angil è uno dei simboli della città di Piacenza e fu restaurato per l’ultima volta nel 1964. La gabbia in ferro battuto fu collocata sul campanile per volere di Ludovico il Moro nel 1495 doveva servire come berlina per rinchiudere i “sacrileghi”.
LA “MANO DI DIO”
Nell ‘arco esterno del portale centrale al centro è collocata la mano di Dio, unica rappresentazione di Dio Padre nella Cattedrale, con l’iscrizione “Ipsius sunt tempora!” (“A lui appartiene il tempo”). Il Padre guida il cammino della storia rappresentata nel suo ciclo annuale dai segni dello zodiaco a partire dall’equinozio di primavera con l’Ariete, quando secondo l’astrologia medievale Dio creò il mondo. Grazie a Cristo il Chrònos (il tempo che divora l’esistenza) è divenuto Kaìros (il momento favorevole), il tempo della salvezza come dice San Paolo. Sono rappresentati i segni dello zodiaco – riletti in chiave cristiana – perchè la Cattedrale è “imago mundi” in quanto unisce la terra e il cielo: sul quadrato della terra è posta la cupola del cielo.
L’ARCHITRAVE E I TELAMONI DEL PORTALE DI SINISTRA
L’architrave rappresenta scene della Redenzione sotto una cornice ad archi: tutto ha inizio con l’Annunciazione; seguono la Visitazione, la Natività in due scene, l’adorazione dei pastori, l’adorazione dei magi.
A sinistra dell’architrave troviamo due figure nude rappresentanti i pagani privi della veste battesimale (i vizi carnali); a destra due figure rivestite perchè battezzate ma ancora nelle tenebre (i peccati interiori).
L’ARCHITRAVE E I TELAMONI DEL PORTALE DI DESTRA
Il telamone destro con le gambe incrociate rappresenta la filosofia e indica l’equilibrio raggiunto dallo spirito; quello sinistro siede sull’aquila emblema del vangelo di Giovanni e simboleggia la teologia.
L’architrave descrive altre scene della Redenzione: la Presentazione al tempio, la fuga in Egitto, il Battesimo di Gesù e infine le tre tentazioni di Cristo nel deserto.
Nella scena del Cristo sul pinnacolo del tempio, i suoi piedi poggiano su una cupola molto simile ai cibori antichi: la totale obbedienza al Padre professata richiama il sacrificio eucaristico.
LA CRIPTA DELLA CATTEDRALE
La cripta della Cattedrale possiede, a differenza della basilica superiore, una pianta a croce greca. Le volte a crociera sono sorrette da 62 colonne isolate e 42 appoggiate al muro. I capitelli che le sormontano sono di svariate forme (sono tutti differenti) e raffigurano elementi vegetali.
Nelle basiliche romaniche è tipica la costruzione di una chiesa sotterranea, invernale, dove si riponevano le reliquie del patrono. Sotto l’altare maggiore si trovano quelle di Santa Giustina, oggi in un’urna realizzata nel 1961, ma anticamente contenute in un’arca di pietra.
Di fronte all’altare destro della cripta si trova l’affresco del Crocifisso del XVI secolo con San Giovanni Battista, Santa Giustina e, inginocchiato in segno di devozione, il prebendario F. Schiavi che fece eseguire il dipinto e qui si fece seppellire con la sua famiglia.
Numerosi sono i sepolcri e le lapidi che si trovano nella cripta. In fondo ad essa la cappella delle reliquie voluta nel 1942 per la sepoltura dei vescovi del secolo scorso e a fianco la lapide sepolcrale del vescovo Rangoni (1596-1620) con il suo stemma.