La Basilica di Sant’Antonino, patrono di Piacenza, è una chiesa cattolica situata a Piacenza, capoluogo dell’omonima provincia.
La chiesa, esempio di architettura romanica e caratterizzata da una grossa torre campanaria di forma ottagonale, ha la dignità di basilica minore
IL SANTO
Le fonti per lo studio della vita di Antonino sono relativamente tarde: il più antico documento che ci conosca, conservato nell’Archivio della basilica di S. Antonino in Piacenza, è il Gesta Sanctorum Antonini, Victoris, Opilii et Gregorii PP. X, che risale alla fine del IX o agli inizi del X secolo, e che narra abbastanza sobriamente la storia della sua vita e delle sue reliquie. Gli studiosi posteriori hanno attinto a questa fonte cercando di accertarne, per quanto possibile, i dati.
E’ indubitata l’esistenza del santo, già ricordato da Vittricio di Rouen nel suo De laude Sanctorum della fine del secolo IV, e nel Martirologio Geronimiano. Incerte storicamente sono le circostanze della vita di Antonino: ignoto il paese di origine e certamente leggendaria la sua appartenenza alla legione tebea. Una tradizione locale pone il martirio di Antonino nei pressi di Travo (Piacenza), verso il 303. Il ritrovamento delle sue reliquie, ad opera di s. Savino vescovo di Piacenza, è tramandato in un alone di leggenda; ma innumeri privilegi nel corso del Medioevo confermano la esistenza e il culto di esse. Ricognizioni delle reliquie furono compiute dai vescovi Sigifredo, Malabaila, Bernardino Scotti, Paolo Burali d’Arezzo, Claudio Rangoni e, infine, va ricordata que]la accuratissima compiuta nel 1878-79 dal servo di Dio, mons. Giovanni Battista Scalabrini.
Per molto tempo si è attribuita ad Antonino una relazione di un viaggio in Terra Santa, più volte pubblicata nel corso del Medioevo e del Rinascimento. Tuttavia J. Gildemeister nel 1889 ne ha potuto reperire la redazione originale in due manoscritti del secolo IX. Da questo esordio e dalle indicazioni storiche e archeologiche contenute nella relazione, tutte riferentisi a un periodo attorno al 570, appare chiaro che il viaggio ai Luoghi Santi fu compiuto da un gruppo di cittadini di Piacenza, che si erano posti sotto la protezione del santo della città. La relazione, quindi, è da ascriversi non ad Antonino ma ad un Anonimo Piacentino, certamente uno-dei pellegrini, che al ritorno volle fissare i suoi ricordi di viaggio.
Il culto antichissimo, attestato già nel secolo che segue la morte del santo, è sempre stato ed è tuttora assai vivo nella città e nella diocesi di Piacenza, che lo ha scelto come patrono assieme a s. Giustina, consacrandogli la prima cattedrale, I’insigne basilica di S. Antonino, sorta nel sec. IV e dedicata a s. Vittore, e in seguito rifatta nei secolo IX e XI. Molte altre chiese della diocesi di Piacenza hanno A. come titolare. Nella liturgia piacentina gli sono consacrate due feste: quella principale il 4 luglio, col rito di prima classe, e quella del 13 novembre, giorno della invenzione delle sue reliquie, con rito di seconda classe. Nel Martirologio Geronimiano e nel Martyrologium Romanum Antonino è festeggiato al 30 settembre, data che sembra riferirsi al suo natale.
A Piacenza la sua festa è il 4 luglio e in tale data i reggenti del comune di Piacenza si recano ufficialmente nella basilica di s. Antonino a portare due ceri di omaggio della città.
Cenni Storici
Antica basilica paleocristiana, eretta fra il 350 e il 375 da San Vittore, primo Vescovo di Piacenza. Quasi del tutto distrutta durante le invasioni barbariche, venne ricostruita nel 1014 e più volte rimaneggiata.
Nel 1450 fu prolungato il transetto sinistro con un atrio, detto “Porta del Paradiso”, formato da uno slanciato arco ogivale sormontato da un rosone e ornato di pinnacoli. All’interno del “Paradiso” una lapide rievoca l’incontro qui avvenuto nel 1183 per discutere i preliminari della pace di Costanza tra i legati della Lega Longobarda e l’imperatore Barbarossa. All’interno, numerosi affreschi di Camillo Gavasetti (1622).
Nel museo, polittici, antifonari miniati della fine del XV secolo, argenterie, calici, reliquiari e un prezioso manoscritto dell’anno 840, di Lotario re di Lorena.