Nonostante abbia costituito il più importante esempio di architettura quattrocentesca a Fiorenzuola, Palazzo Grossi non ha mai riscosso l’interesse degli studiosi, eccezion fatta per la pubblicazione dell’architetto e urbanista Luigi Dodi (“L’architettura quattrocentesca in Val d’Arda”).
La costruzione viene fatta risalire agli ultimi decenni del XV secolo. Lo stile del palazzo è di transizione: ad elementi del gotico che si sta esaurendo, unisce elementi dello stile rinascimentale che si sta imponendo. Il quartiere in cui è stato costruito è uno dei più antichi di Fiorenzuola. Se rapportiamo l’imponenza di palazzo Grossi (l’altezza della costruzione non ha subito modifiche) con le abitazioni circostanti, risulta evidente che esso rappresentava una tangibile espressione della potenza della famiglia committente: non la famiglia Grossi, ma la famiglia Albertazzoni, una famiglia sicuramente importante nella Fiorenzuola tardo-medievale, della quale abbiamo però poche notizie.
Appartiene comunque agli Albertazzoni lo stemma che si trova al centro del palazzo.
Cenni Storici
La famiglia Grossi lo acquisì nel secolo successivo e lo tenne sino al 1803, anno di morte del conte Giuseppe Grossi, ultimo discendente della famiglia, “che era stata tra le più nobili e ricche” di Fiorenzuola. Tra l’altro i Grossi si imparentarono con altre famiglie nobili del luogo, fra cui i Maculani-Bagarotti.
Palazzo Grossi quindi dal nome della famiglia che lo ebbe più a lungo. Il conte Grossi lasciò il bene al Comune a condizione che il Comune stesso cedesse il Pretorio alle monache francescane.
Tale permuta non venne realizzata e quindi il palazzo tornò agli eredi, i quali, poi lo posero in vendita. Diversi gli atti di vendita che si succedettero nell’ottocento. Nei vari rogiti il bene sempre viene descritto come “edificio a due piani”. Tra il settecento e l’ottocento palazzo Grossi ha ospitato anche un piccolo teatro, ma, anche in questo caso le notizie sono molto scarne: sappiamo dell’esistenza del teatro da notizie su qualche compagnia teatrale che vi ha recitato. Ad inizio novecento fu redatto un progetto per un uso del palazzo a scopo culturale. Il progetto prevedeva la realizzazione di un teatro e di una biblioteca, ma non trovò attuazione. Ebbero, purtroppo, attuazione una serie di progetti che portarono alla trasformazione prima e allo stravolgimento poi del palazzo. Il tutto avvenne in poco meno di trent’anni:
1934: prima richiesta di trasformazione (fra l’altro con una richiesta di apertura a piano terra che fa preludere all’inserimento di un esercizio commerciale, perché in questo periodo corso Garibaldi diventa anche una via commerciale)
1953: si chiede di ricavare un altro piano.
1955: trasformazioni interne (in questo periodo, tra l’altro, vengono eliminati i soffitti cassettonati)
1959: altre opere di trasformazione (fra cui una serie di aperture di finestre sul vicolo dei Templari)
1961: tutto all’interno viene completamente “svuotato” ed assume l’attuale fisionomia: appartamenti moderni all’interno e bar al piano terra.
Dell’antico e storico palazzo Grossi resta solo la facciata. Il suo stravolgimento avvenne col benestare dell’allora Soprintendenza alle Belle Arti perché il palazzo dal 1908 era iscritto nell’allora Registro dei Monumenti. Purtroppo la Soprintendenza in quei decenni dimostrò di essere rimasta ancorata ad un concetto di tutela già sorpassato, che riconosceva la valenza storico-artistica solo della facciata e non dell’intero complesso (che, come note, costituiva il principale esempio dell’architettura quattrocentesca civile in Fiorenzuola).
Lo stravolgimento del palazzo suscitò una vibrata protesta dell’architetto e urbanista Luigi Dodi che inviò una lettera alla Soprintendenza alle Belle Arti, rimasta, però, senza seguito”.