Lo scopo del Museo Geologico è quello di mostrare in modo organico e didattico le collezioni di reperti paleontologici restituiti dai sedimenti marini che affiorano in queste zone. L’attività del museo è rivolta soprattutto agli studenti, grazie ad un percorso didattico che si sviluppa attraverso le tre principali sale espositive.
E’ possibile osservare resti di balene dell’area del “Piacenziano” di fossili di ogni parte del mondo, con una sezione dedicata alla storia della vita sulla terra Il nucleo principale della collezione inizialmente era costituito dallo scheletro di Monte Falcone e da una cospicua raccolta di molluschi fossili appartenuta all’appassionato collezionista avvocato Odoardo Bagatti che tra la fine dell’Ottocento ed i primi del Novecento raccolse una grande quantità di materiale raccolto nei terreni fossiliferi della provincia di Piacenza. La collezione comprendeva un gran numero di specie tra bivalvi e gasteropodi oltre a numerosi altri invertebrati quali coralli, echinidi e crostacei. A questo nucleo originario si sono aggiunti nel corso degli anni, numerosi reperti fatti affluire al museo da appassionati e collezionisti emiliani. Alla visita al museo possono essere abbinate altre attività quali escursioni al greto del fiume e ai calanchi e proiezione presso le aule di educazione ambientale. E’ inoltre stato attivato un percorso dedicato agli ipovedenti con visita guidata e manipolazione di calchi di fossili.
La nascita del Museo Geologico
La collezione civica di fossili di Castell’Arquato, il cui primo registro di visitatori porta la data del maggio 1927, fino agli anni Sessanta era collocata nel salone dell’archivio comunale situato presso il duecentesco Palazzo del Podestà sede del municipio. In questi locali vennero portati anche i resti di un cetaceo fossile rinvenuto nel 1934 sui calanchi di Monte Falcone dal dott. Agostino Menozzi e gran parte di questo scheletro vi rimase custodito anche dopo il trasferimento del materiale paleontologico presso il Torrione Farnese dove il museo civico venne riorganizzato nel 1961.
Le ultime scoperte e l’attività del Museo Geologico
L’evento che in anni recenti più di ogni altro ha calamitato l’interesse verso il museo è stato il recupero nella primavera del 1983 di un cranio di balenottera sui calanchi di Rio Carbonari presso Tabiano di Lugagnano, in provincia di Piacenza. In quella occasione si sono manifestati in modo tangibile i benefici della stretta collaborazione tra istituzione e gruppi amatoriali ed il lavoro svolto ha permesso di creare all’interno del museo una piccola équipe che si occupa di quelle che sono le funzioni principali della struttura museale. In primo luogo la conservazione del materiale custodito, poi la funzione scientifica principalmente indirizzata alla collaborazione con istituti universitari e centri di ricerca per lo studio del territorio ed infine quella didattica svolta su due direttrici parallele nei confronti delle scuole e di un pubblico adulto.
Dietro autorizzazioni della Soprintendenza Archeologica, sono stati effettuati anche altri recuperi di scheletri fossili di cetacei durante due campagne di scavo nella primavera del 1986 e nell’ autunno dello stesso anno. L’attività del museo ha portato inoltre alla pubblicazione di diversi cataloghi e di una rivista scientifica periodica in collaborazione con la Società Piacentina di Scienze Naturali e con il Museo civico di storia naturale di Piacenza (Parva Naturalia), in cui vengono presentati studi ed articoli riguardanti il territorio provinciale. L’incremento delle attività ed i contatti allacciati con altre istituzioni analoghe hanno permesso di ampliare il campo di ricerca e gli interessi del museo con l’organizzazione di alcune spedizione nella regione transhimalayana del Ladakh, in Tibet e nella catena degli Urali che hanno permesso di potenziare le collezioni petrografiche del museo. Il materiale raccolto è stato selezionato grazie anche alla collaborazione con l’istituto universitario “Albert De Lapparent” di Parigi che, dal 1897, ha avviato un programma di ricerche finalizzate sul territorio arquatese.